Tre trial di fase 1 – negli Usa, in Europa e in Cina – hanno cominciato a reclutare pazienti per testare innanzitutto la sicurezza di questo approccio, che ha mostrato di poter funzionare in alcune malattie auto-immuni.
Il 2024 è l’anno in cui si testeranno, per la prima volta, le terapie Car-T contro la sclerosi multipla: una manciata di centri – negli Usa, in Germania e in Cina – hanno infatti appena cominciato ad arruolare i primi pazienti, per tre diversi trial di fase 1 (il primo step della ricerca clinica, che ha l’obiettivo di fornire una prima valutazione della sicurezza e tollerabilità di una possibile terapia).
Cosa sono le terapie Car-T?
Le Car-T sono immunoterapie che si basano sulle cellule del paziente stesso che vengono prelevate, modificate geneticamente in laboratorio e poi reimmesse nel circolo sanguigno. Ecco perché vengono anche definite ‘farmaci viventi’. Abbiamo imparato a conoscerle ormai oltre 10 anni fa, con gli studi di Carl June dell’Università della Pennsylvania e la storia di Emily, la prima bambina ad aver ricevuto la terapia Car-T per una leucemia resistente a tutti gli altri trattamenti. Da allora, con le terapie Car-T sono stati trattati nel mondo oltre 20 mila persone. Nello specifico, le cellule utilizzate sono i linfociti T (un tipo particolare di globuli bianchi), che vengono modificati affinché esprimano sulla propria membrana la molecola CAR (acronimo di Chimeric Antigen Receptor): così ingegnerizzati, questi linfociti T divengono in grado di riconoscere e legarsi a uno specifico “bersaglio”.
Ora la speranza è che le terapie Car-T possano rappresentare una nuova frontiera anche per le persone con sclerosi multipla. Stando al Registro cliniclatrials.gov (dove vengono inserite le sperimentazioni a livello mondiale), nel mese di febbraio risultano infatti in partenza tre studi clinici:
uno multicentrico in diversi ospedali degli Usa e di alcuni Paesi europei(tra i quali, ad oggi, non è inclusa l’Italia) promosso da Juno Therapeutics (affiliata di Bristol Myers Squibb);
uno in un solo centro negli Usa, lo Stanford Multiple Sclerosis Center, promosso dall’Università di Stanford in collaborazione con l’azienda Kyverna Therapeutics;
uno in Cina, promosso dal RenJi Hospital di Shanghai con l’azienda AbelZeta Pharma Inc.
Per capire il possibile razionale della strategia Car-T nella sclerosi multipla bisogna fare un passo indietro. Immaginiamo il percorso di vita di un linfocita B. “Attraversa diverse fasi di maturazione e in ciascuna fase esprime marcatori diversi, tra cui prima il CD19, e poi il CD20. Mirare al CD19 vuol dire, potenzialmente, colpire i linfociti B quando sono più ‘giovani’ e, sempre potenzialmente, ottenere quindi una loro eliminazione più profonda. Questa strategia sembra effettivamente funzionare bene nelle malattie autoimmuni come il lupus, dove i linfociti B hanno un ruolo molto importante come produttori di auto-anticorpi, anticorpi cioè diretti contro i nostri stessi tessuti. Va detto che nella sclerosi multipla il ruolo degli auto-anticorpi non è altrettanto importante. Inoltre, abbiamo già testato anticorpi monoclonali (che sono farmaci molto più semplici delle Car-T, ndr.) diretti contro CD19 e finora non hanno mostrato particolari vantaggi rispetto a quelli diretti contro CD20, utilizzati nella pratica clinica. Va detto, però, che dal canto loro le Car-T hanno teoricamente la possibilità di raggiungere anche il tessuto cerebrale”.
(Fonte: articolo di Tiziana Moriconi pubblicato il 1 marzo 2024 sull’inserto “Salute” del quotidiano La Repubblica.)